La chiesa di Santa Maria della Valle era un edificio a tre navate, più grande della chiesa parrocchiale di San Giovanni; oggi solo pochi ruderi della facciata e dell’abside sono ancora sul luogo a sfidare il tempo e le intemperie.
Già nel XVI secolo, in occasione di una visita pastorale del 1574, risulta in stato di abbandono.
Sempre meno curata nel corso dei secoli successivi, era ormai distrutta intorno alla metà dell’800. In un documento della famiglia Santi del 1844, si parla di una chiesa abbandonata ormai da 70 anni, che viene usata come ricovero per i pastori e per le greggi.
Restaurata per la munificienza e l’interessamento dei Santi, viene riaperta al culto nel 1848. La struttura però sarà di nuovo in rovina nei primi anni del ‘900 e , completamente abbandonata dopo la prima guerra mondiale; sarà sconsacrata, o per meglio dire, “ridotta ad uso profano”, con decreto del Vescovo nel 1940.
La chiesa, già usata da anni come cava di materiali da costruzione dagli abitanti del paese, venne completamente scoperta e le tegole vendute all’asta per 800 lire.
Nel 1945 i muri perimetrali furono fatti saltare nottetempo con la dinamite e distrutti a picconate per recuperare sassi di tufo.
La chiesa rurale sorgeva a circa 2km dal paese, nella tenuta del principe Aldobrandini, poi Arsini, lungo un antico tracciato viario, nei pressi di un insediamento medievale sorto sulle rovine di una villa romana. Intorno ad essa, scavati nel tufo, si notano ancora una serie di loculi che servirono da tombe per queste persone.
Ogni terza domenica di ottobre un pellegrinaggio si recava a Santa Maria, dove veniva poi celebrata la messa; per questo l’area nelle immediate vicinanze della chiesa (rubbie di terreno), era gravata da canone enfiteutico a favore dell’arciprete di Sacrofano (Notaio Amari 1679).
Dalla chiesa provengono un quadro raffigurante la Vergine che sembra vegliare sul piccolo paese sottostante, sicuramente Sacrofano, ed un messale.
Il dipinto, due metri per uno e mezzo, secondo alcuni di scuola raffaellita del periodo della decadenza, è oggi appeso sopra la porta della sagrestia di San Biagio.
Il messale, datato 1629, ha nell’appendice un riferimento ai frati Carmelitani o Predicatori che forse per un periodo usarono la chiesa.